Ambiente

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L’industria del pesce si preoccupa per l’impatto sul clima e si assume la responsabilità in ogni caso.

Il consumo pro capite mondiale di prodotti ittici stimato dalla FAO è pari a 17 kg ed è in costante crescita. Il consumo di pesce nell’Ue ha raggiunto i 22 kg pro capite e incide per il 10% sul consumo mondiale di pesce, che vede la sua concentrazione in Asia, soprattutto Cina.

Nell’ultimo decennio, la quota di prodotti ittici destinata al consumo umano è aumentata di circa 5 punti percentuali, fino a oltrepassare l’81%, e nel 2011 la produzione ittica ha raggiunto il suo record pari a 149 milioni di tonnellate. Ad oggi, il pesce fornisce oltre il 15% delle proteine animali consumate dalla popolazione mondiale e il 6,1% delle proteine totali. Con oltre 60 milioni di tonnellate, l’acquacoltura incide per il 40,5% sulla produzione ittica totale, di cui oltre il 90% della produzione proviene dai Paesi in Via di Sviluppo, primo fra tutti la Cina (62,5% del totale).

Sebbene in misura minore rispetto all’allevamento, anche la pesca e l’acquacoltura contribuiscono alle emissioni di gas serra durante le operazioni di cattura e nelle fasi di trasporto, lavorazione e stoccaggio del pesce (le emissioni sono connesse soprattutto all’abbondanza degli stock, alla distanza delle zone di pesca e alla tecnologia utilizzata). Ogni tonnellata di combustibile utilizzato produce 2,25 tonnellate di CO2; l’impatto oscilla tra i 0,09 kg di CO2eq per 1 kg di cozze fresche, fino a 0,22 kg di CO2eq per i filetti di sgombro freschi (se i filetti si acquistano congelati il valore sale di oltre 4 volte), a 1,2 kg di CO2eq per il merluzzo fresco (valore quasi triplica se si acquista congelato) ed infine fino a 3 kg di CO2eq per i gamberetti e 20,2 kg di CO2eq per l’astice (valori che dipendono in massima parte dal combustile dei pescherecci che operano nel mare del Nord).

Ad oggi, in molte aree del mondo gli stock ittici sono stati sfruttati fino al massimo delle proprie capacità produttive ed il cambiamento climatico sta già modificando la distribuzione sia delle specie marine sia di quelle d’acqua dolce, oltre che influenzare la stagionalità dei processi biologici. Le specie che vivono in acque calde vengono spinte verso i poli e stanno subendo cambiamenti nell’habitat e nella riproduttività: tutto questo implicherà a lungo andare conseguenze imprevedibili per la produzione di pesce.